E’ necessario adottare misure di prevenzione adeguate anche sul luogo di lavoro per tenere conto delle modifiche dei sistemi pensionistici e per consentire alle persone di continuare a lavorare fino all’età della pensione guardando innanzitutto allo loro sicurezza.
Ecco perché le valutazioni dei rischi possono essere effettuate in considerazione delle ampie differenze individuali di capacità funzionali, della salute e di altri aspetti di diversità tra i lavoratori, come la disabilità, i problemi di genere, l’età, la condizione di migrante, ecc..
Una valutazione dei rischi sensibile all’evoluzione demografica dovrebbe tener conto degli aspetti legati all’età dei vari gruppi dei lavoratori, fra cui i possibili cambiamenti delle capacità funzionali e dello stato di salute nel caso degli appartenenti alla fascia con più di 50 anni. Ad esempio, per questi ultimi dovrebbe essere prestata maggiore attenzione ai requisiti di capacità fisica in relazione lavoro svolto, ai pericoli connessi al lavoro a turnazione, al lavoro in condizioni di temperatura elevata, al rumore ecc..
Nel caso specifico dei lavoratori anziani si parte dalla considerazione che al momento attuale la struttura legislativa inerente la salute e sicurezza sul lavoro mirata alla prevenzione degli incidenti dei lavoratori anziani rientra nella relativa direttiva quadro e nelle direttive da questa derivate, come ad esempio quella sulla movimentazione manuale dei carichi.
Nel considerare la capacità lavorativa della persona anziana, va osservato che le differenze all’interno della popolazione con età superiore ai 50 anni sono maggiori di quelle tra questo gruppo e i più giovani, che l’età cronologica non è un indicatore dell’invecchiamento mentale o fisiologico e che, mentre gli anziani subiscono un calo graduale delle abilità (ad es. forza muscolare), hanno strategie compensative che possono trarre beneficio dalla formazione.
Esiste quindi un importante divario tra la percezione e la realtà quando si tratta di salute ed occupabilità dei lavoratori anziani. Accade spesso infatti che i lavoratori in età avanzata vengano percepiti meno in salute rispetto ai loro colleghi più giovani. In realtà, la grande maggioranza di questi lavoratori gode di buona salute fisica e mentale e può svolgere un’ottima attività fino a 65- 70 anni.
Più che la salute, quindi, è la capacità di svolgere il lavoro che cambia con l’età. I cambiamenti fisiologici legati all’invecchiamento riguardano principalmente i sistemi cardiovascolare e muscolo-scheletrico. Relativamente ai mutamenti a carico del muscolo-scheletrico esiste quindi il rischio di mettere il lavoratore in situazioni di sovraccarico durante lo svolgimento di lavoro fisico, come ad esempio la movimentazione o il sollevamento di carichi pesanti, oppure nello svolgimento di compiti fisici in posture non idonee.
I lavoratori più anziani possono anche soffrire dei cambiamenti nelle capacità visive, riscontrando una perdita di diottrie, o una incapacità di mettere a fuoco a distanza o la modifica del visivo periferico in particolare durante il lavoro in condizioni di scarsa illuminazione o in prossimità di fonti di luce abbagliante. Molte attività lavorative prevedono la presenza di oggetti in movimento, sforzando sulla cosiddetta acuità visiva dinamica che è la capacità di mettere a fuoco oggetti in movimento.
A partire dai 65 anni, si è meno capaci di vedere di notte, quando la leggibilità a distanza si riduce del 35%. Per l’esecuzione di lavori in una catena di montaggio, con gli oggetti su un nastro trasportatore, o lo spostamento dei dati sullo schermo di un computer, è necessario allora verificare il livello di acuità visiva dinamica per garantire il livello di sicurezza delle operazioni.
Un’appropriata illuminazione, così come il design dell’ambiente di lavoro o una ben congegnata struttura dei documenti da elaborare su uno schermo del computer sono ad esempio delle misure che possono senz’altro ridurre le difficoltà delle operazioni sopra menzionate aumentandone il livello di sicurezza.
Le ricerche mostrano che non vi è alcuna ragione per cui le persone anziane non debbano rimanere al loro posto di lavoro. La questione sembra piuttosto essere se le misure preventive mirate ad aiutare i lavoratori maturi a restare sul loro posto di lavoro debbano riguardare l’intera forza lavoro o soltanto la categoria specifica.
La risposta a questo interrogativo sembra seguire due principi generali: il primo è che questo gruppo di età non debba essere considerato come una categoria a parte, mentre l’età dovrebbe essere vista come un ulteriore aspetto delle diversità presenti oggi nella forza lavoro. Cambiamenti individuali e collettivi in relazione all’età, così come cambiamenti nelle tecniche di lavoro e nell’organizzazione, dovrebbero quindi essere previste dall’origine del percorso lavorativo, la gestione delle risorse umane dovrebbe prendere in considerazione una strategia di lungo termine, per consentire appropriati aggiustamenti nelle carriere e nella formazione.
La progettazione degli ambienti di lavoro dovrebbe di conseguenza essere dinamica e tener conto di nuove soluzioni tecniche e organizzative più vicine alle caratteristiche di una forza lavoro che cambia. Il secondo, che le misure di protezione non devono quindi risultare troppo mirate o troppo accentuate perché altrimenti finiscono con l’emarginare e indebolire la posizione delle minoranze in questione.