Claudio Mucciolo, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione – Direttore f.f. UOC Igiene e Sicurezza Alimenti di O. A.
- Introduzione
La Food and Agricolture Organization (FAO) ha stimato che al mondo, il numero di persone
denutrite, supera il miliardo di individui e questo rappresenta una conseguenza della crisi economica mondiale che, riducendo l’occupazione, ha privato molti individui delle risorse necessarie per l’accesso al cibo.
Ai prossimi trent’anni, la popolazione terrestre dovrebbe toccare tra i 9 e i 12 miliardi di persone, secondo le differenti previsioni. La richiesta di cibo aumenterà in misura ben più che proporzionale all’aumento della popolazione mondiale e diventerà sempre più urgente trovare nuove risorse alimentari.
Le riserve della pesca stanno diminuendo e diminuiranno ulteriormente, nonostante il contributo alle produzioni dato dall’acquacoltura. Bisognerà trovare nuovi terreni da destinare all’agricoltura o all’allevamento dei grandi animali da reddito, a scapito delle foreste. L’incremento del numero di animali allevati sottrarrà sempre maggiore quantità di vegetali all’alimentazione umana. Inoltre, l’allevamento di specie animali produttrici di anidride carbonica e metano contribuirà ad aumentare il problema già oggi molto rilevante dell’effetto serra. Tutto ciò considerato, la FAO prima nella conferenza mondiale di Chang-Mai in Thailandia (2008) e poi nel Meeting tecnico di Roma (2012) ha caldeggiato il ritorno dell’uomo all’entomofagia, introducendo gli insetti anche nella dieta degli occidentali, così come già fanno nel mondo altre popolazioni, specialmente in Asia e in Sudamerica (Premalatha et al., 2011; Roos, 2012).
L’entomofagia, ossia la pratica di consumare insetti commestibili, ha suscitato un grande interesse nell’occidente, grazie anche all’opinione favorevole dell’European Food Safety Authority (EFSA) e della FAO. Gli insetti, pur essendo di piccole dimensioni, hanno al loro interno delle grandi potenzialità (proteine, minerali, lipidi). Il loro consumo ha lo scopo di promuovere nuove abitudini alimentari rispetto ai cibi tradizionali, riducendo l’inquinamento generato dalla produzione dei nostri alimenti quotidiani, primo fra tutti la carne. La FAO afferma inoltre, che la produzione di carne contribuisce per il 14-22% alle emissioni annuali di gas serra, più delle emissioni industriali e quelle derivanti dai trasporti, considerate insieme. La legislazione attualmente vigente non fornisce un grande contributo per quanto riguarda la regolarizzazione e l’introduzione nel mercato degli insetti commestibili, inoltre, non sono presenti riferimenti in merito agli aspetti igienico sanitari, alle modalità di conservazione e consumazione. È necessario cercare di capire in che modo gli insetti possono essere effettivamente utili in termini di sostenibilità ambientale ed economica, così da riuscire ad apportare numerosi vantaggi sia ai paesi in via di sviluppo sia ai paesi già industrializzati. Ad ogni modo, una dieta a base di insetti (o loro componenti) comporta senza dubbio per la società occidentale un distacco radicale dalle attuali tradizioni alimentari, sebbene sia stato dimostrato che consumare insetti (interi o in polvere) apporti benefici notevoli in termini di contenuto proteico e non solo. L’obiettivo principale di questo lavoro è comprendere se realmente gli insetti possono essere ritenuti idonei in termini di sicurezza alimentare e sotto l’aspetto del valore nutrizionale.
2. Cenni storici
Vari studi di paleoantropologia hanno dimostrato che i pre-ominidi e gli ominidi preistorici si cibavano regolarmente anche di insetti (van Itterbeeck e van Huis, 2012). Queste abitudini alimentari si sono tramandate fino a noi in diverse popolazioni di Africa, Asia e continente americano, dove da sempre gli insetti sono visti come un prezioso integratore alimentare alla razione quotidiana.
Gli insetti erano presenti nella dieta degli antichi Romani che apprezzavano particolarmente il cossus, una pietanza a base di larve di Lucanus cervus allevate apposta su farina bagnata col vino, allo scopo di aromatizzarle già in vita. Lo scrive Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”.
Questa abitudine alimentare è poi quasi scomparsa nel mondo latino, ma in Italia sopravvivono (se pure in posizione marginale del commercio, in quanto non ufficialmente ammessi alla vendita) tre esempi almeno di alimenti nei quali la presenza di larve di insetti non costituisce motivo di rifiuto a priori del prodotto. Questi alimenti sono dei formaggi stagionati prodotti rispettivamente in Piemonte (bruss), nel Piacentino (furmai niz) e in Sardegna (casu marzu). In tutti e tre i casi, i formaggi devono la loro sapidità e la cremosità anche all’effetto degli enzimi lipolitici che le larve di ditteri (Piophila casei) producono e liberano nel substrato. In altre parole, le larve di ditteri devono essere presenti, in quei formaggi, perché senza di esse e senza la loro azione lipolitica non si avrebbe quella caratteristica maturazione del prodotto.
Altri esempi di formaggi simili li troviamo in Germania (il Milbenkäse) e in Francia (il Mimolette) in cui per la produzione e la corretta maturazione del prodotto si sfrutta l’azione di specifici acari del formaggio (Thyroglyphus casei).
Un esempio del tutto tipico di entomofagia lo troviamo in Friuli. Un’inchiesta sulle abitudini alimentari della zona carnica ha rivelato che era tradizione per i bimbi catturare nei prati farfalle dei generi Zygaena e Syntomis per cibarsi del solo ingluvie delle farfalle, molto ricco di zuccheri. La Zygaena contiene piccole quantità di glicosidi ciano genetici, ma non nell’ ingluvie e la saggezza popolare aveva col tempo accertato che il consumo del solo ingluvie non era un rischio per la salute umana (Zagrobelny et al., 2009).
In generale, comunque, i popoli occidentali non sono più abituati a vedere gli insetti come possibile fonte di nutrimento, anzi per la maggior parte di noi il pensiero di mangiare suscita sensazioni di repulsione. Ciò è dovuto essenzialmente a varie forme di “divieti” etici e religiosi che hanno reso gli insetti un qualcosa di vietato per uso alimentare (Meyer-Rochow, 2009).
3. Insetti “utili” come alimento
Gli insetti sono tra i gruppi di animali con la maggiore varietà di specie che si conoscano al mondo (se ne stimano oltre 3,5 milioni di specie). Ovviamente, non tutti gli insetti possono essere ugualmente destinati al consumo umano, sia per gli aspetti igienici (specie velenose) sia per motivi di convenienza.
Diciamo che le specie che l’uomo oggi potrebbe consumare senza problemi sono più di 1.700, tra coleotteri, ortotteri, imenotteri e lepidotteri. Nelle Tabelle 1 e 2 (tratte da Johnson, 2010) si desume che la maggior parte delle specie di insetti edibili sono presenti in Africa, in Asia e nelle Americhe, soprattutto in America del Sud.
Tabella1
Specie di insetti potenzialmente edibili, suddivise per continente
Continente | Specie edibili registrate | % del totale |
Asia | 349 | 20 |
Australia | 152 | 9 |
Africa | 524 | 30 |
Americhe | 679 | 39 |
Europa | 41 | 2 |
Totale | 1745 | 100 |
(da Johnson, 2010, modificata)
Tabella 2
Le Specie di insetti edibili nel mondo
Ordine | Numero di specie edibili |
Ortotteri (grilli, cavallette, locuste) | 267 |
Isotteri (termiti) | 61 |
Lepidotteri (farfalle, bachi da seta) | 253 |
Emitteri (insetti arboricoli) | 102 |
Ditteri (mosche, zanzare) | 34 |
Coleotteri (maggiolini, coccinelle) | 468 |
Imenotteri (api, vespe, formiche) | 351 |
Altri | 65 |
TOTALE | 1681 |
(da Ramos-Elordury, 2005, modificata)
Va anche rimarcato che nel caso degli insetti si possono o si potrebbero considerare, come alimento, sia le forme adulte sia le forme larvali, secondo la specie considerata. Le differenze di composizione centesimale tra le due forme di vita sono notevoli. Mentre le forme adulte sono ricche soprattutto di proteine, nelle larve sono abbondanti anche i lipidi, sotto forma sia di trigliceridi sia di fosfolipidi. I trigliceridi, a loro volta, sono ricchi in acidi grassi mono- e polinsaturi, come dirò meglio in seguito.
Rispetto agli animali da reddito a sangue caldo e di grande mole, gli insetti sono animali pecilotermi e consumano molto meno energia per vivere. Essi riescono, inoltre, a convertire ciò che viene dato loro da mangiare in sostanze edibili molto meglio di quanto facciano gli animali a sangue caldo. In effetti, l’indice di conversione metabolica degli insetti varia dal 53% al 73%, quando quello degli animali da reddito arriva al massimo al 35-48% (Tabella 3) (Yhoung-Are e Viwatpanich 2005; Klunder et al., 2012). Alcune stime hanno permesso di calcolare che per produrre un chilo d’insetti bastano 2 chili di vegetali, mentre per produrre un chilo di carne ne occorrono almeno dieci (Dicke, 2012).
Tabella 3
Indice di conversione metabolica (ECI) degli insetti confrontato con quello di altri animali da reddito.
SPECIE | AUTORE | ECI |
Acheta domesticus | Nakgati e De Foliart 1984 | 93 |
Tenebrio molitor | Ramos-Elorduy 2008 | 53-73 |
Pollo | Lovell 1979 Meyer e Nelson 1963 | 48 35 |
Suino | Lovell 1979 Meyer e Nelson 1963 | 31 28 |
Bovino | Lovell 1979 Meyer e Nelson 1963 | 13 16 |
(Collavo et al., 2005 modificata)
Ci sembra superfluo ricordare che gli insetti sono animali molto prolifici e con un rapido tasso di accrescimento e di sviluppo corporeo. Inoltre, essendo di piccole dimensioni essi occupano meno spazio vitale ed emettono una quantità di anidride carbonica molto inferiore (14-22%) a quella che si libera nel produrre 1 kg di carne bovina.
Gli insetti, inoltre, hanno una “resa al macello” molto elevata, con solo 20% di scarto per il grillo domestico mentre ne abbiamo il 30% per il suino, il 35% per il pollo, il 45% per il manzo, il 60% per i pesci e il 65% per gli ovini (Dicke e van Huis, 2011).
Inoltre, tutti noi, già adesso consumiamo senza saperlo qualcosa come circa 500 gr di insetti l’anno. Non certo come consumo intenzionale, per la maggior parte di noi, ma sotto forma di coloranti (il rosso cocciniglia è ricavato da una specie specifica di coccinella) o di frammenti di insetti invivibili a occhio nudo, ma presenti negli alimenti. A questo proposito, la Food and Drug Administration statunitense ha fissato dei limiti di tolleranza per la presenza di residui di insetti negli alimenti: nella cioccolata, ad esempio, è consentita la presenza di 60 frammenti di insetto per 100 g, nel burro di arachidi 30 frammenti per 100 g, nei succhi di frutta 5 uova di mosca della frutta e 1-2 larve per 250 ml, nella farina 75 parti di insetto per 50 g, nella pasta 225 frammenti di insetto per 225 g.
4. Valore nutrizionale degli insetti edibili
Gli insetti potrebbero essere impiegati come fonte di nutrienti sia nelle loro forme adulte sia in quelle larvali. Il valore nutrizionale delle singole specie può cambiare anche drasticamente. Gli adulti tendono a essere più ricchi di proteine e meno ricchi di grassi, mentre nel caso delle larve in pratica avviene l’opposto. Le larve sono ricchissime di lipidi (si può arrivare al 48-52% del peso totale dell’insetto in forma larvale) e, ovviamente, meno ricche di acqua mentre mantengono comunque un buon apporto di proteine nobili. Tutto ciò giustifica il fatto che come apporto energetico gli insetti sono un alimento molto calorico, soprattutto le forme larvali che per di più non hanno lo scheletro chitinoso esterno e, quindi, sono molto più digeribili. In concreto, tutte le specie di insetti che ho citato prima hanno valori energetici superiori a quelli degli altri alimenti, a eccezione di quelli più ricchi di grassi, come i formaggi e i prodotti di salumeria.
Per quanto riguarda le proteine, il contenuto proteico degli insetti è molto variabile in funzione dello stadio di sviluppo (uovo, larva, adulto) e della presenza o meno di un esoscheletro chitinoso, che riduce la digeribilità e la disponibilità dei composti polipeptidici.
In generale, il contenuto di proteina mediamente si attesta intorno all’81% nelle vespe (larve di Pilobya), tra 50% e il 77% nelle cavallette, tra il 20% e il 50% nei coleotteri, tra il 40% e il 60% nei lepidotteri (Ramos-Elordui et al., 1997).
Il valore biologico delle proteine degli insetti dipende dalla loro composizione aminoacidica in relazione agli 8 aminoacidi essenziali per l’uomo (fenilalanina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, triptofano, treonina e valina). Questo valore è espresso in funzione dell’aminoacido limitante, cioè di quell’aminoacido presente in minor percentuale nel prodotto. La FAO ha adottato il metodo del punteggio amminoacidico basato sul rapporto della concentrazione del primo aminoacido limitante della proteina in esame e un pattern di referenza calcolato sugli aminoacidi necessari per bambini in età prescolare. L’aminoacido limitante varia a seconda dell’ordine di insetto considerato.
Anche per quanto concerne i lipidi, gli insetti presentano una notevole variabilità secondo la specie considerata e lo stadio di sviluppo degli animali (se uova, larve o adulti). Il contenuto in acidi grassi in generale è in molte specie sovrapponibile a quello contenuto delle carni e del pesce (Pornpimol et al., 2009). In molti insetti è altissima la frazione di acidi grassi polinsaturi, in particolare di acidi alfa-linolenico (ALA), omega-3 e omega-6, linoleico (LA), tutti acidi grassi che sono essenziali per i fabbisogni cerebrali e per la sintesi di acidi grassi anti-aterosclerosi. In situazione di carenza di lipidi nella dieta a causa di malnutrizione, l’assunzione di insetti come integrazione potrebbe costituire una valida e conveniente soluzione. La fibra è un elemento essenziale della nostra alimentazione perché regolarizza le funzioni intestinali. Negli insetti, la fibra è rappresentata soprattutto dal loro esoscheletro, che è di chitina, un polisaccaride strutturale azotato. I dati in letteratura relativi al contenuto di fibra degli insetti ci dicono che gli insetti possono apportare molta più fibra di altri alimenti di origine animale, a parità di valore biologico di proteine, un apporto che è paragonabile solo a quello del grano.
Anche i microelementi sono indispensabili per la nostra corretta omeostasi. Molti insetti sono molto ricchi in vitamine e minerali, soprattutto vitamina A, B2, C e di ferro (Ramos-Elordui et al., 1997). Il contenuto in ferro è particolarmente elevato specialmente negli aracnidi e nelle termiti, è stato valutato il loro utilizzo per integrare carenze alimentari in Africa (Roos, 2012). Le larve delle api sono molto ricche di vitamina D e questo fa sì che in molti Paesi africani le larve di api siano usate per prevenire e combattere il rachitismo infantile da carenza di vit. D. Sempre in Africa, le donne incinte per soddisfare i propri fabbisogni in minerali consumano insetti e anche i loro nidi. Questa pratica detta geofagia e che riguarda formicai e vespai può arrivare a un consumo di anche 140 g di prodotto al giorno per donna.
Infine, vari recenti studi stanno dimostrando che gli alimenti che contengono insetti possano essere dei validi “alimenti funzionali” (altrimenti detti nutraceutici) ossia alimenti che oltre a nutrire sono efficaci per prevenire varie forme di dismetabolie quali l’aumento dei trigliceridi nel sangue e l’aterosclerosi. Recenti indagini hanno evidenziato che la chitina e il chitosano (che deriva dalla deacetilazione della chitina) sono scissi nel nostro intestino in oligomeri che svolgono varie funzioni molto interessanti: sono per esempio dei fat scavenger legando il colesterolo a livello enterico impedendone l’assorbimento, sono dei forti antiossidanti contro i radicali liberi e anche degli immunostimolanti. Gli stessi principi sono anche degli ACE-inibitori e quindi agiscono come degli utili antipertensivi.
5. Aspetti igienico-sanitari degli insetti come alimento
5.1. Problemi chimici
Gli insetti possono per loro natura contenere dei composti tossici, per lo più destinati a proteggere quella determinata specie dall’assalto dei predatori (insetti tossici). Quasi sempre, queste sostanze “anti-aggressione” sono tossiche o quanto meno irritanti e sgradevoli anche per l’uomo e ciò esclude a priori quella specie dal possibile consumo umano.
Questi composti tossici anti-aggressione possono avere una struttura molecolare molto varia (acidi carbossilici, alcoli, aldeidi, chetoni, alcaloidi, esteri, lattoni, fenoli, idrocarburi e steroidi), ma in genere il loro effetto è quello di una sostanza urticante, pungente o disgustosa al palato e solo in caso di ingestione di grandi quantità di insetti tossici potrebbero provocare danni seri alla salute umana.
Anche gli insetti edibili, però, possono finire per accumulare residui di composti pericolosi per la salute umana, se li assorbono dall’ambiente in cui vivono e che essi sequestrano e accumulano.
Questi residui possono essere di metalli pesanti (piombo, cadmio, arsenico e mercurio) e/o di contaminanti quali PCB, PBB ed eventualmente anche diossine. In teoria, gli insetti possono accumulare anche residui di composti fitosanitari usati in agricoltura.
Alcuni dei componenti tissutali degli insetti possono anche avere effetti allergizzanti sull’organismo umano; il consumo ripetuto di insetti potrebbe provocare fatti di reazione allergo-anafilattica, anche seri. In Cina sono stati segnalati, in effetti, alcuni casi di reazioni allergo-anafilattiche al consumo di cavallette (Ji et al., 2009).
Le possibili strategie per prevenire questi rischi di accumulo vanno da un’esatta conoscenza della specie destinabile al consumo umano e di quelle, vice versa, tossiche per l’uomo ai controlli analitici fatti su alcuni esemplari facenti parte della stessa partita.
5.2. Problemi microbiologici
Nella scarsa bibliografia scientifica che si è occupata finora in generale degli insetti come potenziale fonte di alimenti per l’uomo, gli aspetti microbiologici sono quelli in assoluto meno conosciuti e documentati. Procedendo per ragionamento, gli insetti sono animali geneticamente molto distanti dai vertebrati superiori a sangue caldo e dall’uomo. Di conseguenza, è poco probabile che nel loro contenuto intestinale alberghino microrganismi patogeni per l’uomo, come Salmonella, E. coli o Shigella. Al contrario, gli insetti possono diventare veicolo passivo di microrganismi patogeni e anche alteranti che essi incontrano nell’ambiente esterno e che raccolgono col loro corpo. Quindi, se per loro comportamento naturale o per induzione umana gli insetti entrano in contatto con substrati ricchi di microrganismi patogeni e/o alteranti (come potrebbero essere i rifiuti umidi di cucina), gli stessi insetti possono trasferire germi a un qualsiasi alimento col loro corpo. In teoria, quindi, gli insetti potrebbero veicolare all’alimento tutti i microrganismi patogeni segnalati negli animali quali Salmonella, Campylobacter enteropatogeni, ceppi enteroemorragici di Escherichia coli ecc.
Indagini condotte su circa 200 campioni larve di lepidotteri (Tenebrio molitor) e altrettanti grilli adulti (Acheta domestica) allevati, non hanno mai portato all’isolamento di ceppi microbici patogeni, ma solo di batteri alteranti indice di contaminazione fecale, quali E. coli e coliformi totali, enterococchi e altri microrganismi quali batteri lattici, muffe e lieviti, per lo più “banali” (Giaccone, 2005).
In conclusione, quindi, gli insetti vivi (di cattura o di allevamento che siano) possono contenere una flora microbica molto varia, sia come carica (da 1000 a 1 milione di ufc/g) sia come composizione di generi microbici. Tale microflora può trasferirsi, logicamente, sul prodotto crudo ricavato dalla “macellazione” degli insetti. A questa microflora indigena originaria si sommerebbe, poi, la flora microbica secondaria, dovuta a contaminazioni in fase di manipolazione del prodotto.
Molti dei trattamenti che si applicano agli alimenti sono, comunque, in grado di inattivare con grande efficacia le microflore presenti negli insetti. I trattamenti termici, la salatura e la salagione, la marinatura e l’affumicamento, sono in grado di inattivare con efficacia i principali patogeni alimentari e anche buona parte degli alteranti, a patto che tali trattamenti siano applicati secondo i giusti criteri.
6. Conclusioni
Gli insetti possono essere una cospicua fonte di proteine e acidi grassi mono- e polinsaturi, preziosi per la nostra alimentazione. Certo, come altri alimenti, gli insetti potrebbero comportare dei rischi per la salute umana, se fossero prodotti in ambienti o con modalità che potrebbero provocarne la contaminazione con residui chimici o microrganismi patogeni.
A nostro avviso, gli insetti possono essere fonti di alimento per l’uomo a patto che le produzioni avvengano nel rispetto delle vigenti norme igieniche e quindi della tutela della salute umana.
Angela Mucciolo, Dottore in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali