Più che un indirizzo di saluto, quello dell’avvocato dello Stato Maurizio Borgo, presidente dell’Autorità Garante nazionale per i diritti delle persone con disabilità, che ha preso parte al convegno “D.Lgs.62/2024: dalla valutazione del base al progetto di vita” organizzato dall’Università degli Studi di Salerno e dal locale Ordine dei Medici, è stato un apprezzato intervento chiarificatore che ha indicato gli obiettivi, la strategia ed i campi di interesse del nuovo ed importante organismo da lui guidato dall’inizio dell’anno.
Citando, tra l’altro, la sentenza n.3/2025 della Corte Costituzionale, il presidente Borgo ha sottolineato, a proposito dell’accomodamento ragionevole, introdotto da un preciso ed esaustivo articolo, il 17, dal predetto decreto, l’enorme valore della Pronuncia relativa alla illegittimità delle norme che non consentono alla persona con disabilità di usare la firma digitale.
“La dignità umana è compromessa ogni volta in cui è lo stesso ordinamento giuridico che trasforma, in forza di un suo divieto o di una sua previsione, in inabile e bisognosa di assistenza una persona che, invece, sarebbe in grado, con propri mezzi, di provvedere a compiere una determinata attività, ha detto riportando il passo della Sentenza.
La Corte, ha poi precisato, ha infatti evidenziata, a tal proposito, l’illegittimità costituzionale dei punti del Codice dell’amministrazione digitale, nella parte in cui non sono previsti per l’elettore che non sia in grado di apporre una firma autografa per certificata impossibilità derivante da un grave impedimento fisico o perché si trova nelle condizioni per esercitare il voto domiciliare, la possibilità di sottoscrivere una lista di candidati per le elezioni”. Anche in questo siamo di fronte ad un intervento di accomodamento ragionevole.
C’è stata piena condivisione su questo aspetto illustrato dall’avvocato Borgo, soprattutto nel suo passaggio, sempre sull’accomodamento ragionevole, quando ha indicato che si tratta di una soluzione specifica e individualizzata costruita sulla base delle particolari necessità di una o più persone con disabilità.
A nostro parere, non possiamo che concordare che l’accomodamento ragionevole non è un problema, un intoppo, una complicazione ma una vera soluzione, anche quando si ricorre a questa procedura per collocare una persona con disabilità in un’attività lavorativa, dal momento che tale azione è compresa anch’essa nella “Valutazione di base”, come specificato dall’art.5 lettera f della legge oggetto del Convegno.
In queste circostanze ci si basa sulla rimodulazione non solo della postazione di lavoro o del luogo di lavoro, ma della mansione, attraverso la definizione di un piano di lavoro personalizzato, ed oggi, alla luce del D.Lgs.62/2024 anche partecipato, che escluda i compiti ritenuti incompatibili, mantenendo quelli compatibili e quelli modificati grazie all’adozione di adattamenti tecnici o soluzioni organizzative di natura immateriale. Addirittura, rispetto al passato, lo stesso lavoratore con disabilità potrà richiedere direttamente l’adozione di un accomodamento ragionevole, diverso da quello già adottato, ed in caso di diniego da parte del datore di lavoro, ricorrere all’Autorità Garante per i diritti delle persone con disabilità.
Ecco perché, in relazione non solo alla natura dei problemi sanitari del lavoratore con disabilità, ma anche a quelli ambientali e bio-psico-sociali, introdotti dalle linee guida di cui al DM del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 11.3.2022, utilizzando da parte del Disability Manager le Schede allegate sul Profilo di funzionamento della persona con disabilità, sul colloquio di accoglienza e sul funzionamento del posto di lavoro, sarà possibile orientarsi sulla scelta dell’accomodamento ragionevole più opportuno, come specificato dal Comitato Tecnico Regionale istituito dalla legge 151/2015, fin quando non decollerà la valutazione multidimensionale.
Per diverse situazioni (es. malati oncologici) la opportunità per i lavoratori di usufruire di tali agevolazioni per motivi di salute è regolamentata da norme specifiche (L. 104/92 s.m.i.; D.Lgs. 81/2015, Contratti Collettivi Nazionali) che a volte prevedono la valutazione della condizione patologica da parte di organi sanitari pubblici (e non del medico competente).
In ogni caso questi provvedimenti possono avere ripercussioni significative sugli altri lavoratori, in particolare su coloro che richiedono le medesime misure per motivazioni non sanitarie (personali, familiari, ecc.).
Per questo motivo è da escludere che misure di questo tipo vengano prescritte col giudizio di idoneità previsto dalla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro ma devono far parte di una policy aziendale che stabilisca criteri applicativi, strumenti e procedure operative, sulla base di un dialogo sociale con le rappresentanze dei lavoratori, con gli uffici del personale, con lo stesso medico competente, in un’ottica di equità che consideri complessivamente gli equilibri aziendali, facendo ricorso al Responsabile delle procedure di Inclusione dei lavoratori con disabilità (disability manager).
La soluzione attuata deve essere monitorata e sottoposta a verifica da parte di dirigenti e preposti chiamati a sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, uso dei dispositivi di protezione collettivi ed individuali, nonché da parte del medico competente, in sede di visite periodiche a scadenze ravvicinate.
Non bisogna dimenticare che si tratta sempre di soluzioni mutevoli, che le condizioni di salute possono variare molto nel tempo per eventuali patologie extralavorative del lavoratore con disabilità e che elementi importanti sono sia la motivazione del lavoratore, sia la volontà dell’azienda di trovare soluzioni tali da valorizzare ogni persona per promuovere un’occupazione finalizzata alla realizzazione personale e al benessere comune, come auspica l’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel documento sul “Decent Work”.