La “ragionevolezza” e la “non sproporzionalità” sono le condizioni alla base della procedura dell’Accomodamento ragionevole previsto dal D.Lgs.62/2024  nei casi in cui l’applicazione delle disposizioni di legge non garantisce alle persone con disabilità il godimento e l’effettivo, nonché il tempestivo esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.

Toccherà al Responsabile dei Processi di Inclusione dei Disabili, ResPID, previsto dalla normativa vigente di seguire i lavoratori con disabilità con compiti di predisposizione di progetti personalizzati per le persone con disabilità e di risoluzione di problemi legati alle condizioni di lavoro dei lavoratori con disabilità.

L’obiettivo è studiare le condizioni ambientali adatte a favorire l’ingresso all’interno del lavoro o l’eventuale ritorno di lavoratori divenuti disabili (c.d. return to work); una valutazione che tenga conto degli elementi oggettivi legati all’accessibilità, ma anche di quelli soggettivi connessi alla soddisfazione del dipendente ed ai rapporti con i colleghi..

Iniziamo per gradi. Il Comitato ONU, la cui Convenzione sulle persone con disabilità è stata recepita con legge dal nostro Paese, ha spiegato come il concetto di ragionevolezza si riferisce alla rilevanza, appropriatezza ed effettività delle misure adottate rispetto al raggiungimento del loro scopo che è quello di mitigare o rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone con disabilità (e alle persone con responsabilità di cura) di godere a pieno dei diritti umani e libertà fondamentali e, quindi, accedere ad un impiego, continuare a lavorare e progredire nel percorso lavorativo senza discriminazioni.

Da tale condizione consegue che l’accomodamento ragionevole debba essere modellato sui bisogni specifici della persona interessata determinati rispetto agli ostacoli che questa incontra e tenendo conto della sua identità (che può dar luogo a discriminazioni intersezionali), circostanze della vita ed esperienze (per esempio a che punto è nella sua carriera professionale) e aspirazioni.

Perché l’accomodamento sia ragionevole va quindi evitato l’approccio medico che porterebbe a concludere che persone con una stessa diagnosi necessitino dello stesso accomodamento in quanto il medisimo organismo delle Nazioni Unite ha anche precisato che la ragionevolezza dell’accomodamento nel mondo del lavoro attiene alle funzioni essenziali di un impiego. Ad esempio, non ci sarebbe un obbligo di accomodamento ragionevole per un insegnante con disabilità rispetto all’accompagnamento in gita degli studenti.

Ecco il secondo grado. L’obbligo dell’accomodamento ragionevole non è, però, assoluto. Sussiste un limite, unico. L’accomodamento ragionevole non deve costituire un onere sproporzionato o eccessivo.

I termini “sproporzionato o eccessivo” vanno considerati come sinonimi e segnalanti la necessità di effettuare un test di proporzionalità. Ci deve essere, cioè, una proporzionalità tra i benefici dell’accomodamento ragionevole e l’onere che questo comporta per il datore di lavoro e la sua organizzazione.

Il concetto di onere non va, però, decontestualizzato e non va inteso meramente in termini economici o finanziari. Il costo va considerato alla luce delle risorse disponibili, delle dimensioni dell’organizzazione nonché dell’effetto della modifica sull’istituzione o sull’impresa che deve operare l’accomodamento.

Il contesto economicofinanziario dell’impresa o dell’organizzazione va inoltre inteso nella sua globalità. Ciò significa che il test di proporzionalità deve essere effettuato rispetto alle risorse complessive e non alle sole risorse di un’unità o di un dipartimento all’interno della struttura organizzativa.

Inoltre, nel determinare le risorse disponibili va vagliata la presenza di effettive o possibili sovvenzioni pubbliche per la realizzazione dell’accomodamento o altri vantaggi come possibili esenzioni.

A questo riguardo, è importante segnalare che lo Stato ha l’obbligo di facilitare l’attuazione degli accomodamenti ragionevoli tramite la fornitura di assistenza non solo tecnica ma anche finanziaria a datori di lavoro sia pubblici che privati. Il costo infine include anche l’eventuale impatto negativo su altre persone (lavoratori o terze parti) e requisiti ragionevoli di salute e sicurezza per la persona con disabilità che devono essere attuati con un approfondimento analitico e dimensionato per il fruitore.

Anche la valutazione dei benefici deve essere ampia. Devono essere considerati non solo quelli a favore della persona con disabilità richiedente l’accomodamento, ma anche quelli che riguardano gli altri lavoratori e terze parti.

L’accomodamento ragionevole può infatti essere anche un bene collettivo o pubblico laddove vada a beneficio di più soggetti anche non aventi la stessa disabilità del richiedente o alcuna disabilità. Elemento ulteriore e non meno importante da vagliare nel bilanciamento tra costi e benefici è il vantaggio che il datore di lavoro ottiene nel trattenere ed attrarre competenze, migliorare la propria reputazione sociale e attrarre una clientela più numerosa e diversa grazie a tale reputazione o alla fruibilità collettiva dell’accomodamento.

Ricordiamoci che la Dichiarazione del 2008 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, OIL,  sottolinea che “decent work” significa promuovere un’occupazione finalizzata alla “realizzazione personale” degli individui e al “benessere comune”

Domenico Della Porta – Disability Manager