Spazi e tempi, come anche comunicazione e formazione diventano i nuovi antidoti per evitare ogni forma di aggressione nelle strutture sanitarie.

Torna alla ribalta, infatti, con prospettive assolutamente concrete l’indagine di Federsanità ANCI e FNOMCeO (condotta 6 anni fa, alla quale risposero 60 tra ASL aziende Ospedaliere e IRCCS) da cui emerse che 3 aziende sanitarie su 4  evidenziarono di aver progettato la revisione e/o ristrutturazione degli spazi dedicati all’erogazione di prestazioni ambulatoriali e di emergenza, senza avere, purtroppo, a disposizione un badget  per procedere all’affidamento dei lavori, a differenza di oggi dove ci sono i finanziamenti collegati al PNRR.

Fu evidenziato, in quell’occasione, senza mezzi termini, che il tempo e l’informazione, come la cura degli spazi, dei luoghi cioè  dove si “attende” o si “lavora”, sono fattori determinanti nel contenere lo stress, non solo degli operatori, ma soprattutto dei visitatori e dei pazienti, dal momento che l’interazione tra individuo e ambiente costruito è biunivoca, “come il primo costruisce il secondo, così questo interviene sul primo modificandone le emozioni e l’agire”.

Al momento, infatti, non mancano le normative che intervengono dopo che si è verificata l’aggressione o la violenza in sanità, che si prendono cura dell’aggredito, che riconoscono a quest’ultimo l’infortunio sul lavoro, che prevedono l’arresto per l’aggressore, in flagranza ed in flagranza differita, che indicano percorsi di protezione nella valutazione del rischio “aggressione” e così via. Mancano piuttosto interventi concreti per prevenire il rischio “aggressione” in sanità, per salvaguardare il mantenimento della salute dell’operatore sanitario durante il turno di lavoro nelle postazioni ”critiche”, scongiurando situazioni stress lavoro correlato conseguenti all’imprevedibilità collegata a potenziali reazioni di pazienti o parenti di pazienti. 

“Ecco perché i nuovi obiettivi che emergono  dai programmi elaborati proprio alla luce delle mutate condizioni, ha precisato, infatti, Gennaro Sosto,  vicepresidente nazionale Federsanità ANCI e direttore generale ASL Salerno, sono riqualificazione logistiche, miglioramento della comunicazione, ampliamento dei sistemi di videosorveglianza, attivazione di un sistema “elimina code” con predisposizione di monitor che preannunciano i turni, aree dedicate a codici verdi, installazione di barriere fisiche per evitare accessi non autorizzati, senza tralasciare l’uso di body cam per gli operatori delle emergenze e sistemi di sicurezza rafforzati  dall’Intelligenza Artificiale.”

A tal proposito vale la pena segnalare la piattaforma di analisi potenziata proprio dall’IA in grado di rilevare modelli sonori associati a costrizione, rabbia o paura, che, tramite il posizionamento di microfoni sensibili e videocamere all’interno dell’ambiente da monitorare (sale di attesa dei pronto soccorso o di ambulatori di reparto, guardie mediche, Servizi Psichiatrici ospedalieri, ecc.), riescono a riconoscere ed identificare i segnali di aggressività nella voce delle persone. Si tratta, in poche parole, di uno strumento altamente, presentato nell’ultimo Forum Risck Management di Arezzo, efficace per la prevenzione o gestione di situazioni legate a potenziali atti di violenza.

Va altresì segnalato che l’architetta Federica Casetti, dello Studio T.H.E.MA di Bologna, dove ricopre la mansione di Hospital Planner e Project Leader per il dipartimento di Architettura e Healthcare Design, con un  Master di II Livello in “Pianificazione, Programmazione e Progettazione dei Sistemi Ospedalieri e Socio-Sanitari” conseguito presso il Politecnico di Milano nel 2022, con una tesi: Ruolo dell’ambiente costruito nella prevenzione delle aggressioni agli operatori sanitari, ha gettato le basi per la creazione di linee di indirizzo operative per la progettazione di edifici sanitari dove l’ambiente costruito sia uno degli strumenti a disposizione degli operatori per la prevenzione delle aggressioni ai loro danni, dove forma, orientamento, luce, materiali, colori e arredo degli ambienti di cura rappresentano un fattore di prevenzione delle aggressioni ai danni di infermieri, medici e altro personale sanitario.

“Nella consapevolezza che chi progetta spazi, progetta comportamenti (Vittorio Gregotti, architetto) attraverso gli strumenti della Psicologia architettonica e delle Neuroscienze applicate alla progettazione, ha precisato la Casetti, sono stati individuati, tra quelli sui quali è possibile intervenire in un edificio sanitario, gli elementi fisico-spaziali sui quali operare al fine di una progettazione attenta alla sicurezza dell’operatore e coerente con la creazione di uno spazio che stia all’origine della prevenzione in quanto strumento che sfavorisce l’insorgere di frustrazione e stress, alla base della possibile escalation dell’aggressività dell’utente che potrebbe sfociare in un evento violento.

La pratica della progettazione architettonica applicata al tema degli edifici per la cura, più che per qualsiasi altro ambiente costruito, non può prescindere dall’analisi delle funzioni e delle esigenze dei futuri fruitori. Il compito non è quello di creare la macchina perfetta, ha aggiunto, per aggiustare corpi, ma quello di realizzare spazi dove possano svolgersi processi di cura”

Secondo l’architetta Casetti, l’edificio sanitario non solo diventa uno degli strumenti a disposizione degli operatori nell’esercizio della professione, ma deve anche rispondere alle loro esigenze per permettere loro di lavorare al meglio.

Scopo dello studio è quindi la definizione di spazi sicuri che permettano agli operatori di esercitare nel migliore dei modi, prendendo in esame la sicurezza nell’accezione di security e più precisamente di sicurezza nei confronti delle possibili aggressioni da parte degli utenti, al fine di realizzare un organismo architettonico che si prenda cura di tutti i suoi utilizzatori.

La struttura sanitaria ha caratteristiche organizzative singolari e precipue sottolinea OSMOA, l’Osservatorio per le Malattie Occupazionali e Ambientali dell’Università degli Studi di Salerno: l’autonomia medica, le forme di cooperazione, in genere contingenti e flessibili, con relazioni più caratterizzate da lateralità che da linee gerarchiche, la frammentazione tra molteplici comunità. Un’organizzazione sanitaria che intende interpretare l’attualità della realtà deve essere progettata per interagire validamente con la complessità: i dilemmi della medicina, l’evoluzione delle professioni sanitarie, la velocità dell’innovazione scientifica e tecnologica, i limiti economici e finanziari, le ragioni etiche, la responsabilità sociale.  Ogni struttura sanitaria costituisce un sistema basato su valori fondanti: efficacia, efficienza, innovazione, accoglienza e sicurezza e articolato in 3 sottosistemi: organizzazione, risorse umane, tecnologie. Gli edifici ed i locali appartengono al sottosistema “tecnologie” e determinano la performance del sistema intero. 

Il compito della progettazione strategica è quello di considerare tutti e tre i sottosistemi, comprendendo le esigenze del singolo sottosistema e delle ricadute sugli altri, per il raggiungimento di un risultato capace di esprimere efficacia, efficienza e sicurezza. L’approccio progettuale alla sicurezza dei pazienti, ad esempio, si arricchisce considerando importanti fattori ulteriori a quelli noti alla cultura igienistica ospedaliera tradizionale: la consapevolezza che gli operatori sono fallibili, la considerazione dell’importanza della comunicazioni tra curanti e tra pazienti e curanti, l’importanza della partecipazione dei pazienti e dei familiari.

La progettazione strategica assume, in questo modo,  una prospettiva salutogenetica, mentre la progettazione tradizionale  si arresta alla sola prospettiva patogenetica. La progettazione strategica pensa agli spazi considerando non solo la componente cognitiva, ma anche quella affettiva delle persone, curanti e curate, fattore che determina l’attribuzione del valore ed ha effetti sulle performance cliniche e gestionali.

Federica Casetti, a nostro parere, riesce a conciliare le due condizioni convinta che gli agiti violenti scaturiscono da situazioni di disagio e di stress date dalla combinazione della preoccupazione per la salute, con la perdita di autonomia decisionale e di determinazione del sé, perdita di libertà fisica di movimento (per la costrizione a restare in un dato luogo in attesa, per i vincoli dati dalla somministrazione di terapie, per disabilità temporanee causate da patologie, ecc.), intervenendo attraverso la creazioni di ambienti mitiganti.